Qual è un aspetto che “caratterizza” una persona molto ansiosa o una persona depressa?
E’ caratterizzata dal fatto che, per molto del tempo della sua giornata, “la sua attenzione abita il mondo dei pensieri”. Passa molto del suo tempo “nei pensieri”. E’ troppo poco “presente” nella realtà del “qui e ora”, a ciò che gli sta attimo dopo attimo accadendo intorno. C’è solo fisicamente ma “non c’è” con tutto il resto del “suo pensare e sentire emozionale e corporeo”.
Poi volendo scendere più nei contenuti di questo “pensare”, una persona molto ansiosa tende ad abitare troppo i pensieri di “pre-occupazione”, cioè si sta occupando “prima” di un qualcosa che forse ipoteticamente sarà. La sua attenzione “è spostata in avanti” anziché in ciò che succede “ora”.
E questi pensieri gli faranno inevitabilmente sentire sensazioni emozionali di paura, di “non controllo”, di “disorientamento”, di angoscia, e agitazione, sensazioni corporee di vario genere, brividi lungo alla schiena o vampate di calore, e così via
Una persona tendenzialmente depressa invece tende ad abitare più “pensieri che confrontano la realtà con ricordi o con aspettative non realizzate”. Tende quindi ad abitare “una percezione” che gli innescherà “un sentire” fatto di sensazioni emozionali di tristezza, delusione, crollo delle aspettative, rassegnazione, demotivazione e sensazioni corporee di de-pressione cioè di “un livello di energia molto basso”. In cui è la stessa percezione e le relative sensazioni che non consentono alla persona di ri-attivare un atteggiamento diverso che “guardi ad azioni possibili” (anzichè alla rassegnazione e al “non motivo alla azione”). Atteggiamento diverso che gli consenta di recuperare piano piano un “livello di energia” (“pressione”) più adeguato ed “attivante”.
Da esperienze cliniche si è evidenziato che ad un tipo di atteggiamento in cui “abito pensieri spiacevoli, ansiosi o depressivi” corrisponde una modalità di respir-azione più “alta, superficiale”. Come se l’aria si bloccasse a livello del petto e non fluisse più giù. Una sorta di inconsapevole modalità di respirar-azione in cui la persona nell’inspirazione lascia che l’aria giunga solo fino alla parte superiore del busto, a livello del petto, “anziché lasciarla giungere più giù, in profondità” fino alla pancia.
Viceversa da esperienze cliniche si è notato che con una modalità di respirazione più “profonda” invece si ottengono effetti via via di “maggior presenza nel qui e ora”, di minore tendenza ad “abitare il mondo dei pensieri”, di maggiore benessere e tranquillità a livello psicologico, emozionale, e corporeo. E quindi anche un effetto di un vissuto psicoemozionalecorporeo più “equilibrato” a livello di “energia psicofisica”, di “motivo all’azione”, di atteggiamento e comportamento.
La “respirazione diaframmatica”, che coinvolge appunto il diaframma, è una modalità di respirazione di questo tipo: più “profonda”, lenta, e la pausa tra inspirazione ed espirazione è più lunga. E’ come un lasciar maggiormente fluire l’aria in fase di inspirazione lasciandola giungere in profondità fino a gonfiare la pancia come se si stesse “allargando” a livello dei fianchi. A livello fisico si può notare dal fatto che si sente appunto la pancia leggermente gonfiarsi e sgonfiarsi ad ogni ciclo di respirazione. Se una persona è abituata ad una modalità di respirazione diversa può avere qualche difficoltà iniziale a comprendere bene come attuarla e mantenerla. Tendenzialmente aiuto la persona a “comprendere” bene questa modalità di respirazione in modo che diventi una tecnica terapeutica utile ed efficace. E ovviamente alla persona servirà un pò di esercizio per apprenderla e farla propria e una persona.
E’ una modalità di respirazione che si è appurato essere in generale più salutare per l’essere umano, ed in particolare può risultare particolarmente utile in questi casi di depressione, ansia e negli attacchi di panico.
E’ una tecnica utile che la persona può fare sua e che può esserle di aiuto nel quotidiano e nei momenti di criticità. E’ una delle tecniche di supporto alla persona che si aggiunge alle tecniche psicoterapeutiche che invece vengono utilizzate in seduta dallo psicoterapeuta.
E’ una tecnica che una volta acquisita risulta molto semplice, ma che deve essere insegnata in modo molto accurato assicurandosi che venga “assimilata nella modalità adeguata” dalla persona e che ne colga le lievi quanto importantissime sfumature. Queste lievi quanto importanti “sfumature” sono quelle che favoriscono maggior “presenza nel qui-e-ora” (anzichè abitare eccessivamente il “mondo dei pensieri”) e “rilassamento, tranquillità” a livello psico-emozionale e corporeo.
E’ ovvio che per acquisire e assimilare questa tecnica in una “modalità adeguata” è basilare e fondamentale da parte della persona un atteggiamento di volontà, disponibilità ed impegno a sperimentarsi in questa modalità di respirazione. Un atteggiamento senza pre-giudizi, resistenze psico-emozionali, o altro che pre-cludano la possibilità di cogliere il senso, le sfumature, le utilità e i diversi benefici di questa tecnica.
La “respir-azione diaframmatica” in combinazione con modalità di “concentr-azione della propria attenzione” sono alla base di importanti tecniche di “presenza e consapevolezza” come la mindfulness.
Con queste tecniche e con la mindfullness si apprende come essere maggiormente “al comando, volontario, della propria attenzione” ed è un atteggiamento molto importante da poter acquisire. Soprattutto per quelle persone nelle quali si è invece fissato, nel corso del tempo, un atteggiamento abitudinario in cui l’automatismo è quello di lasciare andare la propria attenzione “in modo non volontario” nel mentale, nei pensieri.
Se fanno al caso della persona, anche queste modalità/tecniche possono venire “insegnate” alla persona nel percorso di psicoterapia.
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Nel caso degli attacchi di panico la persona raggiunge picchi molto acuti di ansia (cioè di uno stato mentale di forte pre-occupazione) che provocano sensazioni emozionali e corporee molto forti. E se la persona ha tra gli aspetti che caratterizzano il suo atteggiamento mentale un fattore di “controllo e autocontrollo” e utilizza questo anziché un atteggiamento di “comprensione”di ciò che sta avvenendo dentro di sé (pensieri di pre-occupazione e relative sensazioni spiacevoli) ciò innesca un circolo vizioso.
Cioè uno stato psicoemozionalecorporeo che attiva uno stato psico emozionalecorporeo ancora più spiacevole e così via in un circolo lo fa stare nel giro di pochi istanti sempre peggio. Mentre avviene ciò si può notare che nella persona una modalità di respirazione “molto superficiale e molto rapida” che tende a diventare ancora più rapida, una iperventilazione. Questo tipo di respirazione provoca un eccessivo livello di ossigeno nel sangue dando luogo ad una condizione chiamata alcalosi respiratoria che acuisce i sintomi, le parestesie (come i formicolii alle braccia) e altre sensazioni corporee. E spaventata da questi sintomi se la persona insiste nel suo atteggiamento mentale di “tentativo di controllo e autocontrollo”, che con buone probabilità risulta fallimentare, perpetua ancora di più “una naturale risposta di allarme”: sensazioni emozionali e corporee di panico ancora più acute, una respirazione ancora più accelerata continuando così il circolo vizioso.
Ovviamente questa è una sorta di descrizione “rallentata”, come una “moviola”, di ciò che avviene in pochi secondi durante un attacco di panico. La persona non ha “comprensione” di ciò che sta avvenendo dentro di sé e vede tutti questi sintomi solo come “nemici” quasi “esterni a se stesso” da combattere, tenere sotto controllo, e allontanare. Anziché un sano “comprendere” che sarebbe un atteggiamento che porterebbe ad una migliore gestione di ciò che sta succedendo.
Prima che la persona possa apprendere una modalità di respirazione diaframmatica o altre tecniche utili è necessario che il terapeuta faccia “psicoeducazione”. Cioè cerchi di spiegare ciò che tendenzialmente avviene in un essere umano in questi casi sopra citati, esplori insieme con la persona stessa cosa sta avvenendo nello specifico nel suo caso. E spieghi l’utilità ed il senso di queste modalità/tecniche. In modo da favorire nella persona un atteggiamento di “comprensione” delle proprie dinamiche psicoemozionali corporee, del circolo che innescano, dei sintomi dell’attacco di panico. E in modo da stimolare atteggiamenti più adeguati che disinnescano il circolo e che consentano alla persona di stare meglio.